Limiti della cultura e semplici interessi

La sola parola cultura suscita subito interesse nel frequentatori dei blog locali. I post con questo argomento hanno sempre avuto molti commenti. Chissà che la luna non trovi qualche compagno .

Confesso che sono stato per anni influenzato dalla teoria sociale e dalle sue “leggi” che lasciavano poco spazio all’individuo il quale, al più, poteva ribellarsi all’irrazionalità razionale della società appropriandosi del proprio eros. L’individuo ad una dimensione aveva solo una scelta binaria: adeguarsi o ribellarsi.

 

Quando ho cominciato a dare uno sguardo più da vicino all’opprimente “Sistema” ho visto che anch’esso è fatto da individui, stavolta  a più dimensioni e quindi con più possibilità di scelta e scelte che valgono per tutti.

Una costante c’è: l’individuo sceglie.

Le scelte sono condizionate dal contesto in cui ognuno vive, che pone una serie di vincoli,  ma anche da come percepisce il mondo, dai suoi schemi mentali. È questo insiemi di schemi mentali che qui intendo per Cultura.

La cultura di una persona è determinata in parte dal processo di socializzazione, cioè trasmessa tra le generazioni, in parte dalla esperienza personale, in parte dall’apprendimento. Il tutto filtrato dalla propria intelligenza.

La socializzazione, costituita principalmente da scuola e famiglia, ma anche da tutte le altre istituzioni educatrici, è la base, l’insieme minino di conoscenze condivise che permettono agli individui di interagire. Le interazioni,infatti, avvengono solo in un contesto di segni e simboli condivisi.

Su questa base si sovrappone l’esperienza personale,  tipica del contesto locale, e l’apprendimento: l’insieme di conoscenze che si accumulano attraverso lo studio, l’osservazione e l’elaborazione personale di fatti, storie e dati provenienti da varie fonti.

Quindi le persone, in base alla loro cultura si fanno un quadro della situazione che determina le loro scelte sotto i vincoli del contesto. Anche quando sono ai vertici di organizzazioni e istituzioni. Più è ampia e corretta la loro visione della realtà meglio perseguono gli obiettivi dell’organizzazione.

In verità nelle organizzazioni i processi decisionali posso essere complessi ma sono sempre influenzati dalla cultura dei manager. Nelle istituzioni le decisioni sono prese sulla base di proposte, per evitare il fenomeno delle maggioranze cicliche (e sfuggire al teorema di impossibilità di Arrow), ma le proposte (e le decisioni) riflettono comunque la cultura di chi le prepara. La cultura, infatti, può essere rilevata solo dagli atti che le persone (e le organizzazioni) compiono.

Una grave asimmetria culturale nasce nella politica. I cittadini votano chi meglio soddisfa  i loro bisogni motivanti, senza guardare  al livello culturale del politico per cui decisioni importanti vengono troppo spesso prese da chi non è preparato. È la condanna degli intellettuali, il dramma vissuto e reso pubblico, tra gli altri, da Platone e da Max Weber.

Anche a Carinola funziona così. Essendo il paese relativamente povero, i bisogni motivanti sono ancora i bisogni base, per cui un medico, che soddisfa il bisogno primario di salute, riesce facilmente ad essere eletto consigliere comunale, indipendentemente da quello che capisce di amministrazione. E, naturalmente, i politici di professione, facendo tanti piccoli favori, sono i primi attori della politica sempre indipendentemente dal livello culturale.

Sia chiaro che non affermo che sono tutti impreparati, solo che la preparazione per ottenere i voti è diversa da quella necessaria per amministrare e sono poche le persone che le posseggono entrambe.

Il livello culturale dei politici si riflette nel dibattito, che da noi è quasi sempre incentrato sulle persone e poco sui fatti. Parlare di fatti richiede raccolta di informazioni ed elaborazione , confronto e valutazione, cioè capacità e … fatica! Parlare di persone è molto più semplice ed attecchisce di più.

Possiamo pensare che il politico, che conosce questa particolarità, la usi per ottenere voti o toglierli agli avversari ( questo è parte della propaganda) ma non possiamo escludere che sia effettivamente culturalmente scarso.

Un esempio pratico: il Piano Urbanistico Comunale di Carinola (PUC). Carinola ha adottato il PUC nel giugno 2014, dopo trent’anni di tentativi falliti. Il PUC, che è un piano di sviluppo sostenibile, passato attraverso una procedura partecipata, è un progetto politico ampio che poggia su forti basi tecniche è “politica assistita dalla tecnica”, elabora una visione della città futura e fa le scelte conseguenti. Ovviamente le singole scelte hanno una rilevanza soggettiva sui diritti di proprietà quindi creano sempre tensioni ma, alla fine  esso va valutato in base ai seguenti criteri:

  1. Gli obiettivi del piano sono stati posti democraticamente?
  2. Il piano raggiunge gli obiettivi posti?
  3. I terreni hanno le caratteristiche per essere classificati come sono?
  4. È conforme alle leggi ed ai piani sovraordinati?
  5. Il piano ha il necessario consenso politico per essere adottato/approvato?

Se le risposte sono positive abbiamo un ottimo piano e dovremmo accettarlo.

Se non ci sono sufficienti elementi per rispondere no alle domande elencate e sono solo pochi a non accettarlo, dobbiamo solo porci la domanda: limiti della cultura o semplici  interessi?