Antonello Petrucci. Il contadino divenuto potente nobile e letterato

Petrucci Antonello (Teano 1420, Napoli 1487)

La storia di Antonello Petrucci è una antica storia di “self-made-man”. Nato povero nei pressi di Teano riusci a conquistare ricchezza, onore e nobiltà. La ricerca della nobiltà lo porto’ ad imparentarsi con famiglie potenti che lo coinvolsero nella “Congiura dei Baroni” che lo portò alla decapitazione.

Nel distrutto villaggio di Scibbi, presso Transi, a circa due chilometri da Teano, aprì gli occhi alla luce, forse circa il 1420, il nostro Antonello, la cui modesta origine contadina non avrebbe mai fatto presagire la luminosa ascesa cui era predestinato. Trascorse i primi anni della sua vita nel villaggio natio, conosciuto per la sua acutezza solo dai suoi compaesani, finché un giorno il notaio aversano Giovanni Ammirato, recatosi presso alcune sue terre in quel di Scibbi, ebbe modo di valutare appieno le straordinarie doti del fanciullo e, strappatolo alla terra, lo condusse presso di sé ad Aversa, ove lo fece istruire “in lettere ed in buoni costumi ”, che furono dal nostro rapidamente assimilati.

Era l’Ammirato amico ed ospite di Giovanni Olzina, Segretario di Alfonso I e, nel timore che il brillante intelletto di Antonello avesse troppo poco spazio presso il suo studio, volle a questi presentarlo affinché potesse avere alle sue dipendenze maggiore possibilità di accedere a quelle strade che gli avrebbero permesso di ricavare frutti e riconoscimenti dalle sue straordinarie doti. Anche l’Olzina comprese immediatamente le qualità di Antonello, e con gesto intelligente e generoso lo affidò a Lorenzo Valla, celeberrimo umanista del XV secolo. “Con si raro maestro Antonello in picciol spazio di tempo riuscì tanto letterato, che a Lorenzo ed all’Onzina fu a meraviglia carissimo, ed annoverato in segreteria.”. Qui, ove condensavasi tutta l’attività politica ed amministrativa del Regno, Antonello ebbe modo di dare il saggio definitivo delle sue doti e del suo equilibrio, ed emerse subito su tutti gli altri componenti.

Fu, dallo stesso Olzina, più volte inviato in sua vece da Re Alfonso che, come tutti, ne apprezzò le rare virtù e lo prese tanto in familiarità che l’onorò di molti uffici e dignità. Morto Alfonso nel 1458, Ferdinando o Ferrante, suo figlio e successore, lo elevò, nello stesso anno, all’altissima carica di Regio Segretario. A Ferrante fu molto caro e lo si ricava da quest’elogio ad Antonello: “…volimo po’ch’el magnifico et amato consigliere nostro e secretario iss. Antonello de Aversa, per lo dicto officio agia la provisione di cento ducati, secundo per lo passato è solito avere; e ancora … considerato la utilità che la nostra corte per la sua opera conseque, volimo che ipso abia unce dece … ” (Curie della Sommaria, vol. 4, fol. 40, in data 14 dicembre 1461).

Nel 1459 fu creato cavaliere ed ebbe l’ufficio di Conservatore dei Registri di Cancelleria. L’anno seguente divenne Presidente della Real Camera della Sommaria e nel 1462 Luogotenente del Gran Cancelliere. Nel 1464, infine, aggiunse alle altre cariche, quella di Conservatore del Gran Sigillo e di Portiere della Cancelleria. Acquistò per sé e per i figli un’infinità di terre e di case in varie città del Regno, e molti feudi tra i quali Cannola, la contea di Policastro Rofrano, la Starza di Pomigliano d’Atella, Aprano, Turrito, S. Giovanni a Piro, Torre, Bosco, S. Mauro, Gioi, Novi Magne, la baronia di Cucco, le terre di Marzano, Marzanello, Parete, Squaccheri, Arianello, S. Blasio, Tramutola e Carinola. Divenne influentissimo e godé la totale stima e fiducia del re che gli concesse persino, fatto eccezionale, di ricevere in sua vece, ed in casa sua, l’ Homagium ligium dei baroni. Egli contraccambiò tali altissimi favori con grossi prestiti e donativi alla Corte ed allo stesso monarca.

Tanta fiducia era affidata nelle giuste mani, come emerge dal ritratto che Porzio fece del nostro Antonello: “Fu uomo scienziato e di alto intendimento, ed ove si conveniva piacevolezza umanissimo, ed ove rigidezza severissimo, amatore dei buoni e persecutore dei cattivi, studioso tanto dei letterati che da tutti come Mecenate era osservato; grave ed eloquente nel parlare, nel consigliare risoluto e giudizioso; acuto nel ritrovare i partiti e diligente in eseguirli; talché non sia meraviglia, se di Alfonso e Ferdinando, due re fra gli altri di cui si ha memoria, prudentissimi, fu nel regno quasi compagno ricevuto ”.

Meno felice e meno fortunato fu il nostro Antonello nella scelta della compagna della sua vita. Fu questa Elisabetta Vassallo, di cospicua famiglia, donna altezzosa e superba che gli rinfacciò continuamente l’ humilitatem natalium e gli aizzava contro i figli, per i quali reclamava una vita sempre più sfarzosa ed onori sempre più alti.

Il suo primogenito, Francesco, fu Conte di Carinola, l’altro, Giannantonio, Conte di Policastro, il terzo, di nome Giambattista, fu Arcivescovo di Taranto, il quarto Tommaso Agnello, chiamato il Cavaliere Gerosolomitano, ebbe il Priorato di Capua, Severo, il quinto, fu Vescovo di Muro, l’ultimo, Giacomo, Vescovo di Larino.

Franceso divenne conte di Carinola alla Morte di Marino Marzano. Il Re Ferrante volle dare al suo segretario Carinola e nomino’ Francesco Conte di Carinola. La loro frequentazione del posto è testimoniata dal Palazzo Petrucci.

Giovanni Antonio (1456 ca-1486) divenne Conte di Policastro a seguito del matrimonio con Sveva Sanseverino, nipote del principe di Salerno che Antonello, desideroso di consolidare i suoi vincoli con il ceto baronale, riuscì a combinare.

Quando il  potente principe di Salerno organizzo’  la famosa Congiura dei Baroni , che il Gregorovius (IV, P. 3) definì “il più terribile di tutti i drammi del secolo XV”, Antonello, al vertice della fortuna vi si imbarcò, molti storici dicono che fu trascinato (specie, come opina il Croce, dai suoi due primi figli) , e questa fu la causa della totale rovina sua e di tutta la sua famiglia.

L’ira di Ferrante non risparmiò, ovviamente, una persona che, pur essendogli tanto vicina, l’aveva tradito, per cui il conte fu decapitato davanti a Castel Nuovo l’11 dicembre 1486.

La morte di Antonello, lasciò un gran vuoto anche nel mondo intellettuale, unito ad un profondo rimpianto e ad un ricordo affettuoso. “Basti ricordare la bella lettera del Pucci al Carubini (1487) nella quale viene presentato come un antico saggio che affronta eroicamente la morte, come Socrate o Cicerone ”.

Antonello fu accademico pontaniano, ed amante com’era di studi classici spinse il re ad istituire, nel 1465, quattro cattedre di umanità, tra le quali una di greco. Ebbe una ricchissima biblioteca che raccoglieva tra le sue opere più rare i manoscritti del Valla, il Somnium Scipionis col commento del Macrobio, le opere di Orazio, Quintiliano, Lattanzio, Ammiano Marcellino, l’ Eneide , la Vita di Cicerone del Berni, una raccolta di panegirici di imperatori romani, i due Plinii, Boezio, e tantissimi altri.

Oggi é sepolto a Napoli nella chiesa di San Domenico e, all’interno della cassa logorata dal tempo, si può ancora vedere, con orrore, la testa del conte staccata dal corpo e ricomposta sul collo.