Episcopio. Santa Maria in Foro Claudio

Gli affreschi dei “Mestieri” in Santa Maria in foro Claudio
Anna Maria Romano

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A poca distanza da Carinola, la città che diviene nel 1094 sede vescovile, è l’antico episcopio di Ventaroli. In origine il sito è quello di Forum Claudii dove sorge la basilica che conserva l’antica denominazione di Santa Maria in Foro Claudio, a memoria della città romana di Forum Claudii, fondata sull’area del più remoto insediamento della città pelasgica di Caleno.

La cattedrale ripete, nell’architettura, lo schema compositivo di Sant’Angelo in Formis, la basilica benedettina sul territorio di Capua. L’interno è a tre navate con absidi divise da 14 colonne di recupero e capitelli corinzi.

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L’esterno, in facciata, aveva in origine un nartece eliminato nel ‘400 col rifacimento del portale d’ingresso.

Come nelle coeve basiliche  tutte le pareti dovevano essere affrescate secondo quanto prescritto dall’antica liturgia, che si serviva delle immagini per istruire il popolo sull’Antico e Nuovo Testamento. Dell’originaria decorazione rimangono solo alcuni brani non attribuibili alle stesse maestranze e di epoche diverse.

Sicuramente la parte più interessante dell’intera raffigurazione è rappresentata dagli affreschi dell’abside centrale con la Madonna assisa in Trono e, ai lati, due Angeli.

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Sul registro inferiore è, al centro, San Michele Arcangelo e i Dodici Apostoli. I dipinti sono datati dall’XI secolo, prima del trasferimento della sede episcopale a Carinola, avvenuta per volontà di Bernardo, cappellano di Giordano, principe di Capua, nel 1094.

Stilisticamente le immagini dipinte si riferiscono al repertorio coevo dei mosaici. Niente viene concesso al naturalismo. I volti sono piatti, i corpi rigidi e frontali, le vesti ricchissime con chiari riferimenti al coevo repertorio dell’oreficeria.

Di notevole interesse, e sicuramente desunti dalla cultura islamica, è la stoffa “rotata” con l’inserimento di figure di elefanti, simmetricamente dipinti secondo uno schema compositivo mediato dal repertorio dei tessitori bizantini e musulmani.

La curiosità di questi affreschi ricchi di elementi “architettonici dipinti” in parte staccati in epoca remota ed ora conservati nel Museo del Territorio della reggia di Caserta, è sicuramente la raffigurazione dei Mestieri nella navata destra accanto ai frammenti di un Giudizio Finale.

Si tratta delle rappresentazioni di artigiani: il fabbro, il farmacista, il macellaio, il calzolaio, il vinaio ed altri raffigurati mentre attendono alle loro attività. Le figure sono dipinte all’interno di un portico costituito da un lungo colonnato. All’interno della scena è l’iscrizione che designa le diverse attività.

Gli affreschi sono degni di attenzione soprattutto in quanto documento storico unico ed autentico delle corporazioni artigianali note nel 1400 come associazioni di mercanti, lavoratori, professionisti che cercano nell’associazione i sussidi della difesa comune e dell’aiuto reciproco.

Nel medioevo le corporazioni si pongono sotto la tutela di un santo e hanno tra i loro fini quelle delle preghiere in comune, dei suffragi per i defunti, degli accompagnamenti funebri e delle sepolture. I vincoli erano così radicati che, come nella tradizione romana, usavano collocarsi in determinate contrade della città, come ancora oggi rivelano alcuni toponimi cittadini.

Ma solo nel Quattrocento, sotto il regno di Ferrante I d’Aragona, all’epoca degli affreschi di Ventaroli, per la prima volta nell’ottobre del 1477, viene promulgata la “Carta” di fondazione della Corporazione della Seta, che testualmente recita “Tutti quelli che vorranno lavorare o fare lavorare dicta arte gauderanno dicti capituli con questo che tutti quelli, grandi et piccoli, maystri et mercanti, se debiano fare scrivere in lo libro de dicta arte loro nome et cognome et casa et lochi dove habiteranno, et de quelli se ne farà notitia ali tre che saranno electi supra la dicta arte”.

Già nel 1472 re Ferrante aveva emanato provvedimenti a tutela della produzione dei panni di lana fabbricati nel regno e, nello stesso anno fu istituito il Consolato dell’arte i cui capitoli furono approvati nel 1480.

La produzione veniva poi commercializzata a livello intraregionale grazie a ben 52 fiere distribuite in 36 località della Campania Aragonese.[1] Tra queste località è compresa la costiera di Gaeta con il suo retroterra, Teano, Carinola, Sessa e Fondi.

Si comprende come la raffigurazione dei Mestieri all’interno della ex Cattedrale di Santa Maria in Foro Claudio, considerando il pericolo storico, avesse un preciso significato politico e sociale.

I “potecari” di Ventaroli rappresentano l’economia delle terre che nel 1400 costituivano la contea di Francesco Petrucci figlio di Antonello e segretario di Ferdinando I d’Aragona, quindi strettamente collegato alla casa d’Aragona. Il Petrucci partecipò alla Congiura dei Baroni e fu giustiziato l’11 dicembre del 1486.

Tornando allo straordinario ciclo dei mestieri è necessario evidenziare la presenza sugli affreschi, all’interno delle scene, di una sorta di “piccolo diavolo” desunto probabilmente dall’affresco inferiore con il “Giudizio”: una memoria per il mercante, “avido” per antonomasia, dell’esistenza di un giudizio finale.

Note Bibliografiche

·     Belting H. Studien zur beneventanischen Malerei. Wiesbaden. 1968

·     Bertaux E.L’art dans l’Italie meridionale. Paris. 1904

·     Salazar D. Studi sui monumenti dell’Italia meridionale dal IV al XII secolo.I. Napoli 1871

[1] Il rinascimento e l’Età Barocca in Storia e Civiltà della Campania. Napoli 1984

fonte http://www.ambientece.arti.beniculturali.it/soprintendenza/didattica/2006-07/Botteghe/gli_affreschi.htm

Immagini di fiore s. Barbato da flikr.