Reddito di cittadinanza, una misura di civiltà.

La Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza che prepara la legge di bilancio dello Stato quest’anno porta, tra l’altro, il reddito di cittadinanza, misura bandiera del movimento 5 stelle.

Non si conoscono i dettagli della misura che sono in via di definizione ma di sicuro assicura un reddito a chi è disoccupato.

Eppure si sbaglia a vederlo come una pura misura assistenziale, non è solo un modo di farsi carico di soggetti deboli quali sono i disoccupati ma è essenzialmente il riconoscimento di un rapporto diverso tra l’uomo ed il lavoro.

Per gli antichi il lavoro era la maledizione di Dio “tu uomo lavorerai con gran sudore” e lo è stato finché non si è superata la soglia della fame ed è iniziato il processo di accumulazione (inizio ‘500 circa). Da allora il sovrappiù si è scambiato sempre più velocemente, i Sovrani hanno potutointercettarlo e tassarlo ed avere, così, la possibilità di costruire un esercito ed una burocrazia stipendiati. Nasceva così lo stato moderno ed il lavoro divenne la fonte della ricchezza dei popoli insieme alla terra.

Con la rivoluzione industriale il lavoro è diventato accessorio del capitale: le macchine producono e gli uomini forniscono quel tanto che le macchine ancora non riescono a fare da sole in un crescendo progresso tecnologico che consente a poche persone di produrre per tutti ( ma non tutti possono accedere ai prodotti). Ma ogni macchina richiede un numero fisso di persone, non di più, gli altri rimangono a casa.

Col capitalismo è nata la disoccupazione. I luddisti cominciarono a distruggere le macchine, gli economisti, nuova creatura del capitalismo rassicuravano: la disoccupazione agricola sarà assorbita dall’industria e quella industriale dai servizi. Finché il salario sarà inferiore o uguale alla produttività chiunque potrà lavorare ed il reddito da lavoro sarà sufficiente a comprare tutta la produzione.  Se ci sarà disoccupazione sarà colpa dei Sindacati che, pretendendo un salario maggiore della produttività, lasceranno a casa qualcuno.

Ma la realtà  non si adeguava a questa legge che diventò ridicola durante la Grande Depressione. Milioni di disoccupati gridavano vendetta e Keynes cambiò prospettiva: l’occupazione è figlia della domanda effettiva che a sua volta dipende dagli investimenti, se questi sono bassi lo sarà anche l’occupazione, indipendentemente dal salario.

Si era scoperta la disoccupazione strutturale, ovviamente involontaria ma se gli investimenti sono bassi può intervenire il governo a farne di più così la disoccupazione si assorbe, problema risolto? Ovviamente no perché quando la disoccupazione si riduce aumenta l’inflazione, la malattia degli anni 70. I Governi devono trovare un compromesso tra disoccupazione ed inflazione e questo compromesso è la disoccupazione naturale (sic!) il 3 o 4 percento di disoccupati erano disoccupati “naturali” e questo numero cresceva sempre perché il progresso tecnologico continuava a sostituire la macchine al lavoro.  Il mantra divenne allora la crescita: bisognava far crescere la domanda a tutti i costi e la soluzione fu il debito sovrano, la crescita a debito. La crisi del 2008 ha mostrato quanto fosse fallace il rimedio.

I debiti si aggirano per il mondo creando un nuovo mostro: la globalizzazione che mette in concorrenza Stati e popoli, premia pochi e punisce molti, sposta le fabbriche come foglie al vento e lascia a piedi milioni di disoccupati. Il Capitale ha stravinto la battaglia col Lavoro, gli Stati hanno abdicato introducendo solo flessibilità (precariato) come se ne esce?

Piketty, nel suo bestseller, propone una tassa progressiva sul capitale per finanziare uno stato sociale basato sui diritti, Rifkin nel 1999 proponeva il finanziamento massiccio del terzo settore in modo che i disoccupati tornassero utili e Negri ed Hardt nel loro “Impero” del 2000 hanno proposto il reddito di cittadinanza. Tutta la produzione avviene sempre e comunque con il contributo di tutti e tutti devono avere una fetta della produzione, formula semplice ed efficace specialmente quando la precarietà rende indistinguibili il dentro ed il fuori, il tempo libero da quello di lavoro, il lavoro produttivo da quello improduttivo. Ma avvertono: non il reddito familiare che continua a discriminare uomo e donna, padre e figlio ma un reddito individuale per dare dignità anche a quelli che non partecipano direttamente al ciclo produttivo. Se tutti hanno un reddito è facile avere buoni cittadini ed una democrazia che funziona.

Purtroppo c’è un corollario non banale messo in luce dal trilemma di  Rodrick: Se si vuole più democrazia bisogna rinunciare o alla sovranità o alla globalizzazione.

Lega e cinque stelle sono più vicini di quanto sembra.

PS: Non dite che Marx lo aveva già detto. Marx è passato.